Pescasseroli (AQ) - Tasting Abruzzo

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Pescasseroli (AQ)

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Alla vista del visitatore che si accinge a raggiungere la cittadina appare una meravigliosa scenografia: la cinta delle case alte della "Costa", queste, quasi a comprova di una esistenza ultra centenaria, si stringono gelosamente al colle del "Castello", mentre superbamente si elevano al cielo i ruderi della antica "Fortezza longobarda", e, più in là, la elegante struttura cistercense della chiesa Madre, sovrastata dalla severa torre campanaria di ordine romanico. Il colle del Castello, che come una muraglia grigia e gigantesca si erge sulla cittadina, quasi a strapiombo, nei suoi ruderi conserva i resti di una antica civiltà. Ai piedi del colle, giù nella valle, scorre il fiume Sangro il cui nome richiama alla memoria antiche trasmigrazioni pelasgiche.
Pescasseroli affonda le radici nei più antichi tempi. Da fondi leggendarie (Silio Italico - De Bello Punico-IX) se ne attribuisce la fondazione a popolazioni peligne le quali, distaccatesi con un "Primavera sacra" dal ceppo originario, vennero ad insediarsi sul colle, poi chiamato "Castel Mancino". La terra di Pescasseroli nei secoli "bui" appartenne ai conti di Celano, poi ai di Sangro e ai d'Aquino e, quindi, ai marchesi del Vasto. E’ stata anche feudo di Vittoria Colonna e Maria d'Aragona. Fin dal 1283 - anno in cui Cristoforo d'Aquino ne ottenne la istituzione dal re Carlo d'Angio - si teneva nella piazza del paese, il giorno dell'otto di settembre, la fiera, ancora oggi iscritta nell’albo fieristico italiano. Gia ai tempi di Varrone la popolazione si componeva quasi tutta di pastori. Delle tre grandi "vie d'erba" una appunto inizia da Pescasseroli, che e stata la capitale pastorale di questa zona. Traversando il ponte di S. Venere (Veneranda) sulla destra e ancora visibile Finizio di uno dei grandi "Tratturi" segnato, fino a qualche tempo fa, con una pietra detta il "Titolo".
Ai primi decenni dell'ottocento, in conseguenza della affrancazione Murattiana del Tavoliere, esplode l'economia pastorale che genera una classe sociale economicamente e culturalmente elevata.
Quest'ultima fa prevalere in Pescasseroli l'attività della "Masseria da campo", cioè della proprietà agricola nei Tavoliere, sulla "Masseria delle pecore", cioè sulla attività pastorale, tradizionalmente pura e semplice, cui era viceversa dedita tutta la restante, piccola e forte, oligarchia proprietaria pescasserolese. La vicenda della transumanza, innestata ai nascenti processi sociali, e stata cantata dal poeta Cesidio Gentile (Jurico), nato nei 1847, che apprese da se a leggere ed a scrivere al riflesso del fuoco negli stazzi.
Il nome Pescasseroli sembra derivare da "Pesculum Serulae", cioè roccia sorgente a picco (dal tardo latino "pensulum"), o masso che serra; secondo Benedetto Croce, "Pesculum ad Sorolum", cioè masso presso il piccolo Sangro (le sorgenti), fiume il cui nome richiama alla memoria antiche trasmigrazioni pelasgiche. La parte più antica dell'abitato sorge ai piedi dello sperone roccioso «pesco» su cui si trovano i resti di Castel Mancino. Nella leggenda marsicana il poeta pastore Cesidio Gentile fa derivare la fondazione di Pescasseroli dalla vicenda drammatica di un giovane cavaliere crociato, Serolo, figlio del Conte Maracino, signore del castello. Serolo, partecipando alla I° Crociata, incontra in Palestina la bella saracena Pesca, della quale si innamora e che sposa. In compagnia di un santo anacoreta, che aveva con se la statuina lignea della Madonna nera, Pesca viene mandata da Serolo al castello. Una volta al castello, il vecchio Conte si invaghisce di Pesca che, fuggendo, viene raggiunta ed uccisa in prossimità di una sorgente (quel posto è da allora chiamato "malafede"). Tornato dalla Crociata ed appresa la morte cruenta della sua sposa, Serolo muore di dolore. Sulla tomba dei due giovani sposi il vecchio Conte, in espiazione del delitto, fonda il paese che chiama Pescasseroli dall'unione dei due nomi.

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